How to Navigate the Future, scrive che “Sopraffatti dalla complessità, cerchiamo la semplificazione e raggiungiamo troppo rapidamente le prospettive binarie, proprio nel momento in cui abbiamo bisogno di prospettive più ampie”.
Desideriamo la certezza in un mondo che rimane, e continuerà ad esserlo, oggi il contrario di ieri e diverso da domani.
Previsioni e modelli sono utili se fanno riflettere, ma solo se li vediamo per quello che sono: propaganda.
Rischiano di creare un futuro in continuità del passato o, peggio ancora, un futuro soggettivo condizionato da aspettative e illusioni.
Gli strumenti manageriali dovremmo usarli per ampliare e navigare i nostri orizzonti concettuali e immaginativi. Non innamorarsi di loro, bensì sfidarli.
Il nostro passato informa il nostro presente e futuro, ma non può prevederlo. La storia, in particolare la nostra storia personale, definisce una traiettoria e ci fornisce le probabilità. Ci dice come tendiamo a reagire a ciò che la vita ci lancia, ma abbiamo anche la capacità di imparare, crescere e cambiare. Nuove esperienze ci danno forma e modificano il passato.
I nostri ricordi del passato non determinano il futuro perché continuano a cambiare e perché ne aggiungiamo di nuovi, sempre che non alimentino ingigantendo lo stesso. Allo stesso modo, la storia non predice il futuro perché portiamo a ogni evento una conoscenza che quelli del passato non avevano.
Non possiamo vedere il futuro ma possiamo adoperarci di metterci al servizio del futuro, creandolo giorno dopo giorno. Negli ultimi cento anni, il ricorso a modelli, dati, storia, profilazione e DNA ha contrastato la nostra brama di certezza. I modelli falliscono perché sono riduttivi, soggettivi, ideologici.
Di fronte all’imprevedibilità intrinseca della vita, molti individui e organizzazioni sono passati sottilmente dal cercare di prevedere il nostro futuro a cercare di influenzarci, usando l’abilità di vendere e la propaganda.
Sconfitto dall’ambiguità e dalla complessità della vita umana, è diventato più redditizio ridurre il libero arbitrio che prevederlo. Quindi, se non possiamo prevedere il futuro, cosa possiamo fare?
Innanzitutto, possiamo sperimentare di più.
In un momento di crisi, abbiamo bisogno di saperne di più. Dobbiamo sperimentare. Gli esperimenti sono un antidoto all’impotenza o alla passività. Ci mettono su percorsi che rivelano nuove conoscenze e scelte. Sempre che non stiamo lì a fare i calcoli se, dagli esperimenti, ci sarà un ritorno oppure no.
Il ritorno più importante sarà sempre e solo l’ESPERIENZA che porteremo con noi nel futuro.
Possiamo sviluppare scenari per identificare e testare come e dove il futuro e il presente si incontrano.
Diversamente dagli esperimenti che rivelano caratteristiche interne immediate di un sistema complesso, gli scenari esplorano il punto in cui l’organizzazione interna incontra l’ambiente esterno, dove le incertezze si nascondono al di fuori del controllo di chiunque.
La pianificazione dello scenario fa emergere sempre i conflitti e c’è sempre un momento in cui tutto sembra andare in pezzi. Ma far emergere il conflitto allo scoperto, in modo costruttivo, è cruciale; è come e quando le persone iniziano a riconoscere e considerare prospettive alternative.
Dobbiamo pensare come un artista.
Gli artisti pensano da soli. Prestano attenzione. E poi lasciano riposare ciò che hanno pensato: cuocere a fuoco lento, filtrare, distillare, digerire. Poi agiscono. L’unico modo per sapere se stai facendo qualcosa è iniziare.
Per avere intuizioni rilevanti per la vita è necessario avere una vita ricca di esperienze e il tempo per interiorizzarle.
C’è ancora un aspetto fondamentale, senza il quale nuove esperienze non prendono forma: pensare oltre, out of the box.
Grazie e Buona Giornata
Loris Comisso
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