Rivignano Teor, 10 ottobre 2025 – A poco più di due mesi dalla chiusura dell’anno, il bilancio che molte imprese italiane si trovano a tracciare appare contraddittorio: i numeri di fatturato sorridono, ma dietro i conti emerge una fragilità strutturale che rischia di pesare sul futuro.

Nelle aule formative e nei progetti di consulenza manageriale condotti quest’anno, tre nodi critici sono riemersi con chiarezza: competitività commerciale, gestione delle risorse umane e impoverimento del capitale intangibile.


1. Competitività: troppe vendite improvvisate, poca strategia

Il primo punto debole riguarda le funzioni di vendita, che includono sia il marketing sia l’area commerciale.
Molte aziende, soprattutto nel comparto delle PMI, continuano a muoversi con un approccio tattico e poco pianificato.

“C’è troppa improvvisazione e poca strategia – osserva Loris Comisso, consulente e formatore –. Si tende a confondere l’urgenza con la priorità, rincorrendo i clienti senza un chiaro posizionamento né strumenti strutturati. È come giocare sempre in difesa: alla lunga, si finisce per concedere margini e perdere autorevolezza.”

In un contesto in cui non è più il “pesce grosso” a prevalere, ma il pesce veloce capace di muoversi con intelligenza, l’assenza di una strategia commerciale coordinata rischia di rallentare la corsa delle imprese italiane.


2. Risorse umane: promozioni interne senza visione

Il secondo nodo critico riguarda la gestione delle persone. In molte organizzazioni si continua a promuovere per anzianità o necessità, senza una visione di lungo periodo sulla costruzione della leadership.

Inclusione, identità, comunicazione interna rimangono temi aperti, spesso percepiti come rischiosi perché possono “aprire il vaso di Pandora” delle relazioni. Così si preferisce accontentarsi di “soluzioni al ribasso”, scegliendo i meno peggio piuttosto che puntare al meglio.

“Il problema – spiega Comisso – non è la mancanza di talento, ma la paura di gestirlo. La leadership oggi richiede capacità di visione e coraggio di selezione. Continuare a rinviare questo confronto significa impoverire le fondamenta stesse delle imprese.”


3. Capitale intangibile: professionalità in declino

Il terzo elemento, conseguenza diretta dei primi due, riguarda il know-how individuale e il sistema valoriale delle persone in azienda.

La mancanza di senso del dovere, unita a una scarsa attenzione alla crescita professionale, produce un progressivo impoverimento del capitale intangibile. Una contraddizione evidente: i bilanci mostrano utili, ma le competenze e i valori che garantirebbero continuità e competitività si stanno assottigliando.

Il rischio è chiaro: una bomba a orologeria che, se non esploderà con effetti dirompenti, farà comunque procedere le imprese a rallentatore, con il risultato che chi si muove più velocemente – anche se più piccolo – finirà per sorpassarle.


La sfida per il 2026: intelligenza prima della forza

Se i numeri di bilancio certificano resilienza e capacità di adattamento, è sul fronte delle persone e della strategia che si giocherà il futuro delle imprese italiane.

“Oggi non basta la forza o la dimensione – conclude Comisso –. È l’intelligenza organizzativa a fare la differenza: la capacità di preparare strategie chiare, valorizzare i talenti e nutrire il capitale intangibile. Chi continuerà a ignorare questi aspetti, rischia di perdere non solo la competitività, ma la direzione stessa del proprio sviluppo.”


La fotografia di fine anno mostra dunque un Paese imprenditoriale vitale ma in equilibrio precario: solido nei conti, fragile nelle fondamenta. Un equilibrio che, se non corretto, rischia di minare la crescita dei prossimi anni.

By Local Press Office