
C’è una bugia che circola da anni nei corsi di negoziazione: “al tavolo bisogna essere razionali”. Non è vero. Al tavolo le emozioni ci sono sempre. La differenza non la fa chi non le prova, ma chi sa riconoscerle, gestirle e usarle.
La negoziazione non è solo strategia, numeri e tattiche. È pressione, è esposizione, è rischio. E quando il rischio è reale, le emozioni emergono. Sempre.
La domanda quindi non è se le emozioni influenzano una trattativa, ma quanto sei preparato a non farti travolgere.
Le emozioni che nessuno ammette (ma tutti provano)
Anche i negoziatori più esperti, quando parlano onestamente, raccontano sensazioni molto simili:
- ansia per ciò che non controllano
- dubbio sulla propria performance
- sospetto verso l’altra parte
Non è debolezza. È fisiologia. Il problema nasce quando queste emozioni guidano le decisioni invece di accompagnarle.
Chi entra in trattativa in ansia tende a:
- partire basso
- aspettarsi poco
- chiudere troppo presto
E spesso lo fa senza nemmeno accorgersene.
Cinque comportamenti che fanno (o distruggono) valore
1. Controllare non significa reprimere
Tenere a bada le emozioni non vuol dire fingere di non provarle. Vuol dire accorgersi del primo segnale, prima che diventi reazione.
Quando senti salire fastidio o irritazione, fermati prima che escano dalla bocca. Una pausa fatta bene vale più di una frase detta male.
Strumenti semplici, ma decisivi:
- chiedere una pausa prima di essere stanchi
- rallentare il respiro
- cambiare livello di conversazione quando si entra nel dettaglio sterile
2. Trasformare l’ansia in energia
L’ansia non va combattuta. Va riformulata.
Dire a se stessi “sono in ansia” irrigidisce. Dire “sono carico” cambia postura, voce, presenza.
Non è auto-aiuto: è gestione dello stato emotivo. L’adrenalina è la stessa. Cambia come la usi.
3. Essere assertivi, non aggressivi
L’assertività è ciò che separa chi subisce da chi viene rispettato.
Essere assertivi significa:
- sapere cosa vuoi
- dirlo senza giustificarti
- reggere lo sguardo quando l’altro non è d’accordo
Chi non è assertivo viene letto come incerto. E l’incertezza, in negoziazione, costa sempre.
4. Il rispetto non è debolezza
Il rispetto è una leva strategica.
Soprattutto quando:
- le culture sono diverse
- i ruoli sono asimmetrici
- la relazione conta oltre il singolo accordo
Una parola fuori posto può far saltare mesi di lavoro. E spesso non per il contenuto, ma per il tono.
5. La fiducia non si chiede, si costruisce
Se l’altra parte pensa che stai giocando sporco, non aprirà mai davvero.
Condividere informazioni (senza scoprirsi inutilmente), mostrare interesse reale per le priorità dell’altro e mantenere coerenza tra parole e comportamenti crea spazio di manovra.
Senza fiducia non si crea valore. Si scambia solo potere.
Intelligenza emotiva: leggere ciò che non viene detto
Le trattative non si decidono solo su ciò che viene espresso.
Si decidono su:
- silenzi
- sguardi
- reazioni degli alleati dell’altra parte
Chi sa leggere la stanza capisce chi conta davvero, chi è allineato e chi no. Ed è lì che si gioca la partita.
Prepararsi emotivamente (prima ancora che strategicamente)
Prima di una negoziazione importante, chiediti:
- In che stato voglio entrare?
- Cosa potrebbe farmi perdere equilibrio?
- Come recupero lucidità se succede?
- In che stato voglio uscire, comunque vada?
Sono domande semplici. Ma chi non se le pone, paga il prezzo durante.
In conclusione
Essere preparati significa:
- conoscere i numeri
- capire le alternative
- leggere l’altra parte
Ma soprattutto significa presentarsi al tavolo nella giusta condizione mentale.
Le emozioni non sono il problema.
Il problema è lasciare che decidano al posto tuo.
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